Gerusalemme e Chiesa, paura e speranza
Paolo Linati, nato nel 1934; da bambino, negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, ha conosciuto le Aquile Randagie, che avevano la casa della famiglia Linati a Varese come punto di transito per rifugiati, ebrei, ricercati politici che riparavano in Svizzera. Negli anni della ripresa dello scautismo Paolo è stato prima scout, poi capo-riparto e capo-clan. Ha trascorso gli anni 1962-1965 ad Anatanarivo, Madagascar, in servizio volontario come docente di matematica – fisica, e come animatore di una communauté de routiers dell’associazione scout; con questi routiers ha compiuto due volte la traversata della foresta malgascia. Sposato con Gabriella, deceduta nel 2005.Ha tre figlie, Giulia, suor Claudia ed Elisabetta, ed è nonno di quattro nipoti. Suor Claudia vive a Gerusalemme e lavora per la parrocchia latina. Paolo è membro del MASCI dal 1990, nella comunità di Saronno; dal 1992 al 1995 responsabile nazionale del settore “Servizio ed Educazione politica”. Con Gabriella ha scritto il libro “Adulti scout, in cammino per tutta la vita”, e cinque quaderni della “Collana Strade Aperte” (fra cui Legge scout per gli adulti; Metodo scout per gli adulti”; Fare rete-Essere comunità), alcuni dei quali tradotti in inglese e in francese per conto dell’ISGF (Amicizia Internazionale Scout e Guide). Attualmente Paolo trascorre il suo tempo scrivendo per le riviste di matematica e per quelle dello scautismo adulto, ed insegna la matematica ai ragazzi e alle ragazze figli di migranti provenienti da tre diversi Continenti. |
GERUSALEMME OGGI
La popolazione di Israele nel 1962 era di 2.293.000 abitanti; nel 2004 di 6.864.200, nel 2015 di 8.334.000. Il 30 % della popolazione è costituito da cittadini arabi, musulmani e cristiani delle diverse confessioni.
Gli abitanti di Gerusalemme (829.000 persone, 56 % arabi, 44 % ebrei); il 60% vive nella parte est della città, ricongiunta alla parte ovest durante la guerra dei sei giorni (1967). Questi dati sono forniti da “Jerusalem lnstitute for Studies”.
La percentuale di popolazione ebraica dal 1967 ad oggi è scesa dal 74 % al 66 %. La popolazione araba è cresciuta dal 28 % al 34 %. Secondo i dati dello stesso istituto, sono circa 150.000 gli ebrei israeliani che vivono in zone della Cisgiordania (4 villaggi) entrate a fare parte dell’area metropolitana di Gerusalemme.
A Gerusalemme est continuano le confische di immobili e le espulsioni di arabi, che vengono avviati a vivere in altre località. La “città vecchia” è in risanamento: nuove case, in cui vengono insediati cittadini israeliani ebrei.
In Cisgiordania, continue costruzioni di lotti immobiliari destinati a nuovi coloni. Non certo una novità: la politica del fatto compiuto, adottata per le espropriazioni e per gli insediamenti, continua.sraele ha il problema del superamento demografico da parte degli arabi residenti in lsraele e degli arabi residenti in Palestina: per questo l’atteggiamento dell’attuale governo israeliano è quello di ridurre lo spazio dei palestinesi per costringerli ad andarsene.
La propaganda antisionista, in Italia e in tutto il Mondo, alimenta la leggenda secondo cui tutti gli israeliani approverebbero questa pratica di espropri e di riduzione del territorio del futuro stato palestinese: cosa che non è vera. Vi sono organizzazioni di cittadini israeliani Ebrei che si oppongono a questa politica di invasione, e si battono contro questo “overwelm” : ad esempio l’ICAHD (lsraeli Comitte House Demolition); o come “Nevé SHALOM Maison d’lsaie” a Gerusalemme.
L’altro problema aperto, in parte per gli ebrei ma soprattutto per i palestinesi,è quello del lavoro: un po’ come in tutto il Medio Oriente, e come in tanti altri posti.
Che fare? Come devono porsi i cristiani? Aspettare una nuova Intifada, o forse l’arrivo dell’ISIS ? E come devono comportarsi i Paesi europei ?
La via auspicata da molti è quella del principio “due popoli due stati, sostenuta anche dall’ltalia, dal Vaticano e da molti Paesi membri delle Nazioni Unite:«A meno che – scrive Franco Cardini – non accada un qualunque miracolo in grado di arrestare o di invertire un trend che, visti le forze e gli equilibri in presenza, appare almeno fino ad oggi irreversibile».
Nel 1990 il Patriarca latino Michel SABBAH scriveva ai cristiani della Terra Santa:«Il vostro primo dovere è di essere all’altezza della situazione. Per quanto essa sia difficile e complicata, dovete cercare di comprenderla. Tenete conto di tutti i fatti, considerateli oggettivamente, con calma ma con coraggio, e resistete a ogni tentazione di paura e di sconforto» (M. SABBAH, “Priez pour la paix de Jérusalem” ).Quando si racconta qualcosa di Gerusalemme, ma anche di Israele, e poi di tutto il Medio Oriente, si deve prendere atto del “disagio”, o forse della “paura”, che accompagna ciascuno dei tre gruppi etnico-religiosi, ebrei, cristiani, islamici.
Per gli ebrei la preoccupazione non solo del superamento demografico, ma anche degli attentati, dei missili, di una prossima ripresa dell’intifada. Per i· musulmani, il timore di essere scacciati dalle loro case e, per chi resta, la difficoltà di trovare lavoro.
E per i cristiani, e per molti europei? La paura di vedere sparire ogni aspirazione alla dignità umana, alla democrazia ed alla libertà; la paura di vedere ciò che è già accaduto in Iraq e in Siria, d i venire cacciati dalle proprie cas e, dalla proprie chiese, dai propri quartieri.
Dalla paura è difficile liberarsi; la paura non conosce distinzioni sottili, fra sciiti, sunniti e sufi, fra AI-Qaeda, Ezbollah ed ISIS: e per questo è necessario che gli europei ,tanto più i cristiani, conoscano le diverse correnti che costituiscono l’islam.
In un documento del “Comitato Giustizia e Pace” degli ordini religiosi di Gerusalemme si afferma: «Cristiani e musulmani devono lottare insieme contro le nuove forze dell’estremismo edelle distruzioni. Tutti i cristiani e numerosi musulmani sono minacciati da queste forze che cercano di creare una società svuotata dai cristiani, in cui solo alcuni musulmani gestiranno il potere. Noi dobbiamo essere solidali parlando alto e forte in verità e libertà. Mentre sono numerose le voci che consigliano di abbandonare le proprie case e la propria identità, le Chiese e i leader civili li invitano a restare fedeli alla loro terra e alla loro identità nazionale, ad essere un lievito di speranza nei drammi di oggi. [ in www.it.lpj.org/2014/04/03 ].
Gerusalemme – i controlli al muro | giovane Arabo ed Ebreo |
A Gerusalemme sono presenti 12 Chiese cristiane: Chiesa latina (o cattolica romana) – Greco- ortodossa; armeno-ortodossa; copto-ortodossa; siro-ortodossa; etiope-ortodossa; maronita; greco-cattolica; armeno-cattolica; anglicana; luterana; metodista.
È spontaneo chiedersi perché non si uniscono fra di loro. Ma forse una unificazione non è necessaria, ciò che sarebbe più importante sarebbe che collaborassero fra di loro. A mio parere si dovrebbe distinguere tra Fede e Chiesa: la Fede in Cristo Salvatore di tutti gli uomini è cristiana; la Chiesa a cui noi apparteniamo è cattolica (o ortodossa, copta, riformata …).
Spesso noi usiamo il termine “cattolico” per dirci cristiani. Dirsi cristiani invece che cattolici non è “sincretismo”, non significa sopprimere le differenze e i punti di confronto fra le diverse Chiese. Dirci cristiani significa vedere le persone che appartengono ad una Chiesa diversa dalla nostra come nostri fratelli e sorelle in Cristo. È quello che hanno fatto il Papa Francesco e il Patriarca Kirill di Mosca il 12 febbraio scorso a Cuba.
E parlando della Chiesa vorrei dire qualcosa sui “laici cristiani”, cioè noi.
Parlando di laico e di laicità intendo qualcosa di diverso dall’uso che ne fa la televisione e i giornali; ma diverso anche da ciò che intendono alcuni parroci e alcuni vescovi. Con il termine laicità e “laico cristiano” intendo qui una “profezia”: cioè il compito che è stato affidato al popolo di Dio, in particolare a chi non è “consacrato”, dal Padre mediante Gesù Cristo, attraverso lo Spirito Santo. Profezia che si attua in tutte le realtà che consideriamo tipicamente terrestri, quali la famiglia, il lavoro, la società, la cultura, la politica, la salute, la tutela del creato e i “cambiamenti climatici”, la pace.
Il laico cristiano non è quindi un “piccolo clero”, nel senso che la sua funzione primaria nella Chiesa non è quella di aiutare il parroco nella catechesi o nella liturgia ecclesiastica, né nella ·partecipazione al consiglio parrocchiale; non può neppure limitarsi a compiere delle “opere” a favore dei poveri o dei più sfortunati, quasi una via per assolvere un dovere di cui ci si sente responsabili.
Laicità è una profezia, cioè una testimonianza che il cristiano dà negli ambiti in cui si trova ad operare ogni giorno: con il proprio lavoro quotìdiano, con la presenza, anche politica, nella società civile, con l’impegno per la diffusione della pace e della comprensione fra gli uomini, con la coerenza di vita al modello evangelico.
Viviamo in un clima di paura: forse di più qui da noi, in Lombardia, che a Gerusalemme. La paura degli attentati, delle guerre, dei rapimenti; ma anche la paura di perdere i nostri soldi e i nostri privilegi, le nostre seconde e terze case. Paura che, io credo, finirà solo quando, come laici cristiani, non avremo più confini e privilegi da difendere; quando accetteremo che parte dei nostri beni siano parte dell’altro, del migrante, del siriano che fugge dal suo Paese, del disabile, di chi ha meno “beni comuni”.
Ma questo cosa c’entra con Gerusalemme? Forse il laico cristiano è quello che, avendo come modello Cristo che sale al calvario, non si racchiude nelle sue paure, ma è quello che si impegna nel consiglio comunale della sua città, che considera il denaro non come un fine ma come strumento per una più grande giustizia. A Gerusalemme, si capisce che il nostro Calvario è quello della vita di tutti i giorni.
E poi, c’è la speranza.Mi sono chiesto: quali motivi di speranza posso avere? Quali speranze posso proporre alle mie sorelle e fratelli di Cantù?
Come devo fare per “Sorridere e cantare nelle difficoltà (Legge scout, VIII art.) ?In che cosa sperare, se ogni settimana c’è un attentato, se migliaia di profughi vivono all’aperto, quando nella mia città vi sono ancora parecchi disoccupati e tanti giovani senza lavoro, e molti negozi che chiudono? Quale speranza?
E mi è venuto in mente che nel 2008 Papa Benedetto XVI aveva scritto l’enciclica Spe salvi: sono andato a rileggerla, ed ho trovato una risposta: l’invito a guardare ai testimoni della speranza che sono i martiri di oggi: le quattro suore figlie della Carità di Madre Teresa, trucidate a San’a nello Yemen il mese sorso, e tanti altri; forse non ve ne sono nai stati tanti come adesso nella storia del Cristianesimo.Papa Benedetto aveva scritto:
«lo posso ancora sperare,, anche se per la mia vita e per il momento storico che sto vivendo non ho più niente da sperare .Soltanto la grande speranza-certezza che, nonostante tutti i fallimenti, la mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell’Amore e, grazie ad esso, hanno un senso e un’importanza; solo una tale speranza può ancora dare il coraggio di operare e di proseguire».
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Yemen, uccise 4 suore di Madre Teresa Quattro suore Missionarie della Carità, a Congregazione fondata da madre Teresa di Calcutta, sono state trucidate da un commando di uomini armati che ha attaccato questa mattina il loro convento, nella città yemenita di Aden. Lo confermano ……. |
Cantù, 14/04/2016 – di Paolo Linati [ M.A.S.C.I. Cantù – Comunità del Pellegrino Cantù ]
BIBLIOGRAFIA D . NEUHAUS S.J., “ L’avvenire dei cristiani in Medio oriente” ,Civiltà cattolica N. 3949, gen. 2015. F. CARDINI, l’ipocrisia dell’occidente; Editori Laterza, 2015.
Conclusione della serata
I. | Esultai quando mi dissero: Andiamo alla casa del Signore. E ora stanno i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! | II. | Gerusalemme, riedificata come città, ricostruita compatta! Là sono solite le tribù, Le tribù del Signore. |
III. | A lodare il nome del Signore. – è precetto in Israele – là sono i troni del giudizio, per la casa di Davide. | IV. | Chiedete pace per Gerusalemme sia sicuro chi ti ama sia pace nelle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. |
V. | Per omore dei fratelli e dei vicini io dirò: in te sia pace; per la casa del Signore nostro Dio, io cerco il tuo bene. |
Una rappresentazione di Gerusalemme: in primo piano i baluardi e in mezzo il tempio di Salomone in fiamme. Estratto del Liber Chronicarum di Hartmann Schedel, Norimberga , 1493, 63v-64r. | |
Ah Io vorrei tornare Ah Io vorrei tornare anche solo per un dì lassù nella valle Alpina, lassù tra gli alti abeti ed i rododendri in fior distendermi a terra e sognar. Portami tu lassù o Signor, dove meglio ti veda. O portami nel verde dei tuoi pascoli lassù per non farmi scendere mai più. La sotto il pino antico noi lasciammo nel partir la croce del nostro altare; la sotto il pino antico con la croce là restò un poco del nostro cuor Portami tu lassù o Signor, dove meglio ti veda. O portami nel verde dei tuoi pascoli lassù per non farmi scendere mai più. | Al cader della giornata Al cader della giornata noi leviamo i cuori a te, Tu l’avevi a noi donata bene spesa fu per Te. Te nel bosco, nel ruscello, Te nel monte, Te nel mar. Te nel cuore del fratello, Te nel mio cercai d’amar. I tuoi cieli sembran prati e le stelle tanti fior Son bivacchi dei beati stretti in cerchio al loro Signor. Quante stelle, quante stelle dimmi Tu, la mia qual’è ? Non ambisco la più bella basta sia vicino a Te. |